FAQ-COVID19

MORATORIA PRESTITI


Le misure, per sostenere le attività imprenditoriali danneggiate dall’epidemia di COVID-19, hanno per oggetto:

  • La possibilità di utilizzare la parte non utilizzata delle aperture a revoca e dei prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti esistenti alla data del 29 febbraio 2020 o quelli alla data del 17 marzo, se superiori. Gli importi accordati dalla banca o dall’intermediario finanziario non possono essere revocati, neanche in parte fino al 30 settembre 2020 incluso;

  • La proroga alle medesime condizioni fino al 30 settembre 2020 dei prestiti non rateali con scadenza prima del 30 settembre 2020;

  • La sospensione fino al 30 settembre 2020 del pagamento delle rate o dei canoni di leasing in scadenza prima del 30 settembre 2020, per i mutui e gli altri finanziamenti a rimborso rateale, anche perfezionati tramite il rilascio di cambiali agrarie. È facoltà dell’impresa chiedere la sospensione dell’intera rata o dell’intero canone o solo della quota capitale.


L’impresa, al momento della pubblicazione del decreto (17 marzo), deve essere in bonis, vale a dire che non ha posizioni debitorie classificate come esposizioni deteriorate, ripartite nelle categorie sofferenze, inadempienze probabili, esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate. In particolare, non deve avere rate scadute (ossia non pagate o pagate solo parzialmente) da più di 90 giorni. Dato che l’epidemia da COVID-19 è formalmente riconosciuta come evento eccezionale e di grave turbamento dell’economia, anche le misure previste nel Decreto legge “Cura Italia” non vengono considerate come misure di forbearance (tolleranza) nell’accezione utilizzata dalla Autorità di vigilanza europee e quindi può ricorrere alle moratorie anche l’impresa che comunque è in bonis anche se ha già ottenuto misure di sospensione o ristrutturazione dello stesso finanziamento nell’arco dei 24 mesi precedenti.


Tutte le banche, intermediari finanziari vigilati e altri soggetti abilitati alla concessione del credito in Italia devono accettare le comunicazioni di moratoria, se ovviamente le stesse comunicazioni rispettano i requisiti previsti dal Decreto legge “Cura Italia”.


Le comunicazioni possono essere presentate dalle imprese dall’entrata in vigore del Decreto legge “Cura Italia”, cioè dal 17 marzo 2020.

  • La comunicazione può essere inviata da parte dell’impresa anche via PEC, ovvero attraverso altri meccanismi che consentano di tenere traccia della comunicazione con data certa.

  • È utile che l’impresa comunque contatti la banca o l’intermediario finanziario per valutare le opzioni migliori, tenuto conto che nel Decreto legge “Cura Italia” sono previste anche altre importanti misure a favore delle imprese, ad esempio quelle che prevedono l’intervento del Fondo di garanzia PMI. Le banche possono inoltre offrire ulteriori forme di moratoria, ad esempio quelle previste dall’apposito accordo tra l’Abi e le rappresentanze di impresa, ampliato e rafforzato il 6 marzo scorso.

Nella comunicazione l’impresa deve tra l’altro autodichiarare:

  • il finanziamento per il quale si presenta la comunicazione di moratoria;
  • “di aver subito in via temporanea carenze di liquidità quale conseguenza della diffusione dell’epidemia da COVID-19”;
  • di soddisfare i requisiti per la qualifica di microimpresa, piccola o media impresa;
  • di essere consapevole delle conseguenze civili e penali in caso di dichiarazioni mendaci ai sensi dell’art. 47 DPR 445/2000.


Ai sensi dell’art 56, la moratoria si applica alle microimprese e PMI aventi sede in Italia come definite dalle pertinente raccomandazione europea. Può pertanto accedere alla moratoria anche chi svolge un’attività economica in modo autonomo, quindi chiunque svolge attività economica e ha una partita IVA. Ai sensi dell’art 54, i benefici del fondo Gasparrini, che consente ai titolari di un mutuo contratto per l’acquisto della prima casa di beneficiare della sospensione del pagamento delle rate fino a 18 mesi,al verificarsi di specifiche situazioni di temporanea difficoltà (quali tra l’altro la perdita del lavoro ovvero la cassa integrazione), vengono estesi anche ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti che autocertifichino un calo apprezzabile (superiore al 33 per cento) del fatturato. Il Decreto ministeriale di attuazione è in corso di emanazione.


Sì, si applica anche ai lavoratori autonomi e per i professionisti con partita IVA.


No, non si applica al credito al consumo.


Sì, se il finanziamento è stato contratto dall’impresa o dal lavoratore autonomo o libero professionista indicati sopra.


A tutti i tipi di finanziamento che abbiano le caratteristiche indicate dall’art. 56 comma 2 e indicate nei punti precedenti.


Sì, la previsione di “credito aggiuntivo” è volutamente ampia e si applica senz’altro ai contratti di leasing (compresa la fattispecie descritta).


Nel caso in cui il finanziamento è assistito da agevolazioni pubbliche la banca o l’intermediario finanziario, trascorsi 15 gg dalla comunicazione all’ente agevolatore, può procedere senza ulteriori formalità alla sospensione del finanziamento, secondo il principio del silenzio assenso.


Il periodo di sospensione comprende la rata in scadenza il 30 settembre 2020, vale a dire che la rata in scadenza il 30 settembre non deve essere pagata.


Per elementi accessori si intendono tutti i contratti connessi al contratto di finanziamento, tra questi, in particolare, garanzie e assicurazione; questi contratti sono prorogati senza formalità, automaticamente, alle condizioni del contratto originario. Anche per le aperture di credito a revoca e per i prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti esistenti, permangono inalterati gli elementi accessori al contratto di finanziamento senza alcuna formalità.


La normativa prevede espressamente l’assenza di nuovi e maggiori oneri per entrambe le parti, le imprese e le banche.


Non vengono ricomprese, in quanto per le imprese controllate da altre imprese è necessario fare riferimento ai parametri dimensionali del gruppo.


In caso di sospensione della sola quota capitale della rata, si determina la traslazione in avanti del piano di ammortamento per un periodo pari alla sospensione accordata. Gli interessi sul capitale ancora da rimborsare sono corrisposti alle scadenze originarie. In caso di sospensione dell’intera rata (quota capitale e quota interessi), si determina lo spostamento del piano di ammortamento per un periodo pari alla sospensione accordata. Gli interessi che maturano durante il periodo della sospensione sono calcolati sul capitale residuo al tasso di interesse del contratto di finanziamento originario. L’ammontare corrispondente a tali interessi sarà ripartito in quote nel corso dell’ammortamento residuo.


Le misure di cui all’art. 56 si applicano anche ai finanziamenti ceduti a società veicolo (SPV) ex lege n. 130/99.


Il soggetto finanziato può rinunciare in qualsiasi momento alla sospensione (sia della quota capitale, sia dell’intera rata) previa specifica comunicazione alla banca/intermediario e riprendere il pagamento delle rate.


Le rate maturate dopo l’entrata in vigore del decreto-legge (17 marzo) possono essere computate nel calcolo del periodo di sospensione, anche se la comunicazione di sospensione è presentata dopo la scadenza di tale rata non pagata. Le rate scadute e non pagate prima dell’entrata in vigore del decreto-legge non possono essere invece computate nell’ambito della sospensione.


La banca non potrà applicare commissioni in relazione all’operazione di sospensione.


Sì, vengono riproporzionati solo i corrispettivi per la prestazione di garanzia aggiuntiva da parte di intermediari bancari, finanziari e società di assicurazioni, limitatamente a quanto necessario per parametrarli alla maggior durata dell’operazione e quindi al rischio aggiuntivo, che sarà calcolato alle medesime condizioni di cui al contratto di garanzia in corso.


La banca/intermediario può realizzare, su base volontaria, operazioni di sospensione con caratteristiche analoghe a quelle previste dall’art.56 del Cura Italia anche per periodi più lunghi, fermo restando che la garanzia sussidiaria dello Stato copre esclusivamente gli inadempimenti relativi ai pagamenti sospesi ai sensi dello stesso articolo.


La banca/intermediario è tenuta soltanto a verificare che l’impresa beneficiaria sia una PMI e non abbia in essere esposizioni classificate come deteriorate mentre non è suo onere accertare la veridicità della autocertificazione di carenza di liquidità resa ai sensi del comma 3 dell’art. 56. Pertanto, in caso di falsa autocertificazione la garanzia rimarrà valida, ferme restando le responsabilità civili e penali che conseguono per il dichiarante.


Se il debito non ha un piano di rimborso predeterminato è già nella discrezione del debitore decidere se pagare o meno, quindi la moratoria non si applica. Pertanto, in caso di piano di rimborso non predeterminato (fattispecie assimilabile a quella prevista dall’art. 56, comma 2, lett. B del ‘Cura Italia’), la sospensione si applica nel solo caso in cui la scadenza ultima del rimborso del finanziamento è precedente al 30 settembre.


Possono accedere alle misure dell’art 56: 1) i soggetti no-profit (ad esempio, associazioni, fondazioni, organizzazioni di volontariato, cooperative e imprese sociali, etc.); 2) gli enti ecclesiastici (ad esempio, Diocesi, Parrocchie, Santuari, Monasteri) e quelli religiosi civilmente riconosciuti (ad esempio, Ordini religiosi, Opere, etc.) purché iscritti nel registro delle imprese.


Possono accedere alle misure dell’art 56: 1) i soggetti no-profit (ad esempio, associazioni, fondazioni, organizzazioni di volontariato, cooperative e imprese sociali, etc.); 2) gli enti ecclesiastici (ad esempio, Diocesi, Parrocchie, Santuari, Monasteri) e quelli religiosi civilmente riconosciuti (ad esempio, Ordini religiosi, Opere, etc.) purché iscritti nel registro delle imprese.


Si. La sospensione si può applicare anche ai finanziamenti che sono in pre-ammortamento, cioè per i quali l’intera rata è composta solo dalla quota interessi. In tal caso, gli interessi sospesi sono ripartiti in quote nel corso dell’ammortamento residuo. Tuttavia, se un’impresa ha già aderito alla Convenzione ABI ottenendo la sospensione della quota capitale del finanziamento, non può accedere alla moratoria ex art. 56 del decreto-legge n. 18 del 2020: in tal caso, per ottenere la sospensione del pagamento sia di capitale che di interessi, dovrà concordare con la propria banca la sostituzione della moratoria ABI con la moratoria ex lege.


Si precisa che il requisito dello status in bonis del debitore per accedere alle misure riguarda tutte le posizioni di quest’ultimo nei confronti del settore bancario, non solo il singolo finanziamento nei confronti della banca/intermediario alla quale si chiede la sospensione.


L’art. 56 si applica al solo leasing finanziario in quanto operazione assimilabile (sia dal punto di vista giuridico che contabile) ad un finanziamento, mentre esclude il leasing operativo (per cui non è possibile tale equiparazione). Mentre il leasing finanziario è infatti un finanziamento finalizzato all’acquisto del bene locato (tramite l’esercizio dell’opzione finale) il leasing operativo è solo un servizio di noleggio a fronte di una commissione senza alcuna forma di finanziamento.


Per i prestiti non rateali e per i mutui e gli altri finanziamenti oggetto di moratoria ex art. 56 del Cura Italia, è facoltà della impresa comunicare la sospensione fino al 30 settembre 2020 anche dei pagamenti dovuti, da entrambe le parti, in connessione con il contratto derivato a copertura dei rischi di tasso eventualmente esistente in relazione a tali prestiti. Saranno le parti a disciplinare le condizioni della eventuale sospensione.


Si, anche un’impresa che, alla data del 17 marzo 2020, presentasse un debordo di conto corrente da meno di 90 giorni (e che si trovi, quindi, in bonis) può accedere alla sospensione, comprensiva anche dello sconfinamento..



FONDO MUTUI PRIMA CASA



Sì, attraverso il Fondo di Solidarietà (il cd fondo Gasparrini) per i mutui per l’acquisto della prima casa, che permette ai titolari di un mutuo contratto per l’acquisto della prima casa, che siano nelle situazioni di temporanea difficoltà previste dal regolamento, di beneficiare della sospensione del pagamento delle rate fino a 18 mesi. In seguito all’emergenza Covid, ora vi possono accedere anche i lavoratori dipendenti in cassa integrazione per un periodo di almeno 30 giorni e i lavoratori autonomi e i professionisti che abbiano subito un calo del proprio fatturato superiore al 33% rispetto al fatturato dell’ultimo trimestre 2019. Non è più richiesta la presentazione dell’ISEE, è possibile beneficiare anche se si è già fruito della sospensione purché il mutuo sia in regolare ammortamento da almeno 3 mesi, ed è stato previsto che il Fondo sopporti il 50% degli interessi che maturano durante la sospensione.


Possono accedere al Fondo i lavoratori dipendenti con una sospensione o riduzione dell’orario di lavoro per un periodo di almeno 30 giorni e i lavoratori autonomi e professionisti (inclusi commercianti e artigiani) che abbiano subito un calo del proprio fatturato superiore al 33% rispetto al fatturato dell’ultimo trimestre 2019.


Chi è in possesso dei requisiti previsti per l’accesso al Fondo deve presentare la domanda alla banca che ha concesso il mutuo e che è tenuta a sospenderlo dietro presentazione della documentazione necessaria che viene trasmessa a Consap (società pubblica che gestisce il Fondo per conto del MEF). Occorre fare riferimento alla modulistica che è stata aggiornata e semplificata rispetto alla precedente ed è disponibile sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze.


Il modulo è reperibile sui siti del Dipartimento del Tesoro del Ministero dell’Economia e delle Finanze, di Consap e dell’Abi, e potrà essere compilato direttamente online ed inviato secondo le modalità indicate da ciascuna banca.


Sì, possono beneficiare della sospensione anche i mutui contratti da meno di un anno.


Nell’ambito della sospensione, possono essere ricomprese sia le rate a scadere successivamente alla data di presentazione della domanda, sia le rate scadute e non pagate antecedentemente a tale data, purché il ritardo nei pagamenti non sia superiore a 90 giorni consecutivi.


Sono esclusi dalla sospensione solo i mutui con agevolazioni pubbliche (es contributo agli interessi, garanzie o contributi a fondo perduto) che risultino attivi alla data della presentazione della domanda. Sono invece ammissibili alle prestazioni del Fondo i mutui che hanno fruito in passato di contributi o altre agevolazioni pubbliche che, tuttavia, non sono più attivi all’atto della presentazione della domanda.


No. Gli interessi che maturano durante il periodo di sospensione (il 50% di questi viene sostenuto dal Fondo di solidarietà) si calcolano solo sulla parte capitale residua del mutuo e si aggiungono al totale complessivo da pagare. Pertanto non c’è produzione di interessi su altri interessi (cd. anatocismo).




FONDO GARANZIA PMI



Il Fondo di Garanzia PMI concede garanzie al 100%, sia in garanzia diretta che in riassicurazione ai sensi dell’art. 13, comma 1, lettera m), del DL Liquidità, senza alcuna istruttoria e valutazione dell’impresa richiedente, per prestiti di importo non superiore, alternativamente: (i) al 25% del fatturato risultante dall’ultimo bilancio depositato ovvero dall’ultima dichiarazione fiscale depositata, da altra idonea documentazione o da autocertificazione; (ii) dopo la conversione del Decreto Liquidità, anche al doppio della spesa salariale annua risultante dall’ultimo bilancio depositato ovvero dall’ultima dichiarazione fiscale depositata, da altra idonea documentazione o da autocertificazione (o alla spesa salariale prevista per i primi due anni di attività per le imprese aperte dopo il 1 gennaio 2019), purché, in entrambi i casi, l’importo non sia superiore a 30.000 euro (limite innalzato in sede di conversione del Decreto Liquidità).


Per ottenere la garanzia al 100% sui prestiti fino a 30 mila euro l’impresa (o il professionista) deve compilare il modulo di domanda della garanzia predisposto dal Gestore del Fondo di garanzia e presentarlo a una banca (o altro intermediario finanziario). L’autocertificazione deve indicare una serie di requisiti, tra i quali avere i requisiti di PMI (salvo i lavoratori autonomi) e di aver subito danni a causa dell’emergenza Covid-19. Per quanto riguarda l’istruttoria ai fini della concessione della garanzia, la banca può utilizzare tutti i dati dichiarati dall’impresa nel modulo di domanda di garanzia, limitandosi ad accertare che il richiedente non abbia posizioni classificate come sofferenze e non sia segnalato per esposizioni deteriorate di altro tipo (UTP, scaduti e sconfinamenti) prima del 31 gennaio 2020. In quanto autodichiarazione ai sensi degli articoli 46 e 47 del DPR 445/2000 non è infatti necessario verificare la veridicità di nessuna delle diverse dichiarazioni contenute nel modello. La banca quindi non è obbligata a richiedere documentazione a supporto delle dichiarazioni rilasciate dall’impresa cliente, ferma restando la possibilità per la banca stessa, ai fini del completamento della sua istruttoria, di richiedere la documentazione ritenuta più opportuna. La banca, una volta inserita correttamente la domanda di garanzia sul portale del Fondo, non deve attendere la delibera di ammissione alla garanzia del Fondo per effettuare l’erogazione.


Il Cliente può presentare una richiesta di adeguamento della durata del prestito ai nuovi limiti previsti (10 anni) alla stessa banca che aveva già erogato il precedente prestito. Qualora intenda solamente ottenere il complemento del finanziamento già ricevuto fino al nuovo limite massimo d’importo previsto dalla legge potrà richiedere un secondo finanziamento sia alla banca/intermediario che aveva concesso il precedente prestito sia ad un’altra banca/intermediario per l’importo residuo necessario al raggiungimento del limite dei 30.000 euro. L’adeguamento è su richiesta dell’interessato ed è soggetto alle stesse regole semplificate previste per l’erogazione.


Sulla base delle misure autorizzate ai sensi della normativa europea emergenziale (Temporary Framework) e contenute nei Decreti COVID, il Fondo garantisce fino al 90% dei prestiti oltre i 30.000 euro, fermo restando il limite di importo massimo garantito per impresa pari a 5 milioni di euro, con modalità di accesso gratuita. L’ammontare del prestito non può essere superiore al doppio della spesa per salari che il beneficiario ha sostenuto nel 2019 (o nell’ultimo anno disponibile) o al 25% del fatturato totale del 2019 ovvero al fabbisogno autocertificato dall’impresa per costi (sia capitale circolante che spese per investimento) da sostenere nei successivi 18 mesi (se l’impresa è una PMI) o nei successivi 12 mesi (imprese fino a 499 dipendenti). Ai fini della concessione della garanzia, il Fondo non applica le ordinarie procedure valutative dell’impresa richiedente. A favore di imprese con un fatturato non superiore a 3,2 milioni di euro e che abbiano subito danni alla propria attività a causa dell’emergenza Covid-19, la garanzia del Fondo può essere cumulata con quella di un confidi fino alla copertura del 100% del finanziamento (art. 13, comma 1, lettera n), del DL Liquidità). Infine, è stata introdotta in sede di conversione (art. 13, comma 1, lett. d) la possibilità di ottenere una garanzia fino al 100% (comprensiva della quota garantita esclusivamente dai confidi) anche per l’ordinaria operatività del Fondo.


Bisogna far riferimento ai “Ricavi delle vendite e delle prestazioni” di cui all’articolo 2425, lettera A), punto 1) del codice civile


Sì. L’art 13, comma 1, lett. m) del decreto legge n. 23 del 2020, impone la produzione esclusivamente di una dichiarazione da parte dell’impresa, o della persona fisica esercente attività d’impresa, in merito agli effettivi pregiudizi patiti in conseguenza dell’emergenza COVID-19. Il Codice ATECO dell’impresa che intende avvalersi della misura è tuttavia ininfluente. Anche le imprese, la cui attività non è stata sospesa, possono risultare fortemente danneggiate dall’emergenza.


Sì, fatta eccezione per i finanziamenti garantiti fino al 100% ai sensi dell’art. 13, comma 1, lettere m) e n), del DL Liquidità. Il limite dell’importo del finanziamento garantito può essere elevato oltre la soglia del 25% del fatturato del 2019 (ovvero oltre il doppio della spesa salariale) qualora l’imprenditore autocertifichi che il finanziamento richiesto è connesso al suo fabbisogno per costi (sia capitale circolante che spese per investimento) da sostenere nei successivi 18 mesi (se PMI) o 12 mesi (se ha fino a 499 dipendenti). Resta fermo che l’importo massimo garantito per singola impresa non può mai essere superiore a 5 milioni di euro. Detti limiti operano, in ogni caso, solo per le garanzie concesse nell’ambito del Temporary framework.


Nel caso di prestiti fino a 30.000 euro con garanzia al 100%, a seguito della conversione del Decreto Liquidità (Legge 40/2020), la durata del prestito può arrivare fino a 10 anni. Qualora la richiesta di garanzia sia presentata ai sensi dell’art. 13, comma 1, lett. d) del Decreto Liquidità (ossia fuori dai requisiti previsti dalla normativa europea sull’emergenza Covid-19), il finanziamento può essere concesso anche per una durata complessiva superiore ai 6 anni: in tal caso la garanzia del Fondo Centrale coprirà fino all’80% dell’importo finanziato, con la possibilità di richiedere ad un confidi un’ulteriore ed autonoma garanzia per il residuo 20%.


Si, possono accedere alla garanzia del Fondo su finanziamenti fino 30.000 euro anche le imprese che erano state classificate a sofferenza, ma che non lo sono più alla data della domanda.


Sì, la previsione di “credito aggiuntivo” è volutamente ampia e si applica senz’altro ai contratti di leasing (compresa la fattispecie descritta



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